vuoto pieno
Mia madre diceva: “non credere mai ai sorrisi delle persone, non sai cosa nascondono”. Beh, io ho sempre creduto a tutto, ma dopo tanti anni la capisco, questa frase. Sento vuoto dietro le nostre foto condivise, dietro la novità del giorno o il successo da mettere in vetrina. Da facebook alla conversazione al bar, la nostra faccia sociale è perlopiù sorridente. E parziale. Il mondo è di chi ha capito, di chi ha un progetto, un’idea, di chi ha raggiunto qualcosa o va da qualche parte, sembra. Che ne è del giorno che non parla, del dolore, dell’ombra, del non sapere dove andare? Che ne è del vuoto che ingozziamo con qualunque cosa sperando di riempirlo?
Se si potesse lasciarlo vuoto, sentirlo vuoto, viverlo vuoto, questo spazio dentro, senza pensarlo sbagliato, senza doverlo cambiare. Se si potesse vivere la sofferenza, la malattia, il dubbio come parti essenziali della vita reale, e accettarle al pari della gioia e delle soddisfazioni. Se l’idea di morire ci apparisse naturale, e invecchiare significasse avere la fortuna di essere ancora vivi. Che cosa succederebbe se un giorno non combattessimo quello che siamo solo per apparire migliori? Sarebbe tanto male perdere totalmente, arrenderci alla vita?
Qualcuno dovrebbe dirlo che la sofferenza non è il contrario della felicità, che alcune cose possono essere molto difficili ma vale la pena farle perché sono belle, che la felicità è un grande lavoro di pulizia. Qualcuno dovrebbe dirlo che prima di scegliere cosa vogliamo, dobbiamo stare con quello che c’è, che bisogna “ordinare dal menu del giorno”. E che la vita non è questione di riempire i vuoti, ma semmai di creare i pieni.
mdl