Finché posso toccarti le mani
Ci sono giorni in cui non posso uscire. Non è per il freddo né per qualche malanno. No, non sono infortunata e nemmeno di cattivo umore. Ci sono giorni che non posso uscire da me stessa. E così, assorta, mi avvolgo in un libro, mi faccio un bagno di musica calda, sorseggio pensieri e, non lo nascondo, per il tè invito spesso la malinconia. Sarà forse l’autunno che fa di me una castagna dentro il riccio.
Ma se per caso, passando davanti alla finestra della mia cucina, mi cade lo sguardo sulla piazzetta qua sotto, allora mi tocca interrompere tutto. Accidenti, passano un ragazzo e una ragazza che parlano e parlano e si stringono, si stringono… E c’è un vecchio signore con un cane. Siede silenzioso accanto alla sua artrosi, ma con lo sguardo insegue il bastardino che rincorre le foglie, e il suo mezzo sorriso sembra dire che è così bella quella libertà, anche se non è più sua. Poi d’improvviso si alza un forte vento e il cono gelato di plastica a grandezza naturale, di solito in bella mostra fuori dalla gelateria qui sotto, tonfa a terra e per poco non colpisce un cliente. Come rido a vederlo rotolare per la piazza mentre il titolare della gelateria lo rincorre!
Ci sono giorni in cui non posso uscire da me. Ma non mi importa finché ho una finestra, finché so come dimenticarmi. Non mi importa finché posso toccarti le mani.